Codice Deontologico:
Testo approvato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine nell’adunanza del 27-28 giugno 1997
Capo I - Principi generali
Articolo 1
Le regole del presente Codice deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti all’Albo degli psicologi. Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza, e l’ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare.
Articolo 2
L’inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono punite secondo quanto previsto dall’art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo le procedure stabilite dal Regolamento disciplinare.
Articolo 3
Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace. Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che,nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali,organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale. Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze.
Articolo 4
Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnìa,nazionalità, estrazione sociale, stato socio- economico, sesso di appartenenza,orientamento sessuale, disabilità. Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi. Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui lo psicologo opera, quest’ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto. In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell’intervento stesso.
Articolo 5
Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione professionale e ad aggiornarsi nella propria disciplina specificatamente nel settore in cui opera. Riconosce i limiti della propria competenza ed usa, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti ed i riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del paziente e/o utente, aspettative infondate.
Articolo 6
Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza ditali condizioni, informa il proprio Ordine. Lo psicologo salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò responsabile della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni ed interpretazioni che ne ricava. Nella collaborazione con professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze.
Articolo 7
Nelle proprie attività professionali, nelle attività di ricerca e nelle comunicazioni dei risultati delle stesse, nonché nelle attività didattiche, lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità e di attendibilità d informazioni, dati e fonti su cui basa le conclusioni raggiunte; espone,all’occorrenza, le ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati. Lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile.
Articolo 8
Lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnala al Consiglio dell’Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza. Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive.
Articolo 9
Nella sua attività di ricerca lo psicologo è tenuto ad informare adeguatamente i soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo consenso informato, anche relativamente al nome, allo status scientifico e professionale del ricercatore ed alla sua eventuale istituzione di appartenenza. Egli deve altresì garantire a tali soggetti la piena libertà di concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso. Nell’ ipotesi in cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente e correttamente i soggetti su taluni aspetti della ricerca stessa, lo psicologo ha l’obbligo di fornire comunque, alla fine della prova ovvero della raccolta dei dati, le informazioni dovute e di ottenere l’autorizzazione all’uso dei dati raccolti. Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela, e, altresì, dai soggetti stessi, ove siano in grado di comprendere la natura della collaborazione richiesta. Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla riservatezza, alla non riconoscibilità ed all’anonimato.
Articolo 10
Quando le attività professionali hanno ad oggetto il comportamento degli animali, lo psicologo si impegna a rispettarne la natura ed a evitare loro sofferenze.
Articolo 11
Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie,fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.
Articolo 12
Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale. Lo psicologo può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l’opportunità di fare uso ditale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.
Articolo 13
Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale,ai fini della tutela psicologica del soggetto. Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli perla vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.
Articolo 14
Lo psicologo, nel caso di intervento su o attraverso gruppi, è tenuto ad in informare,nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento. È tenuto altresì ad impegnare, quando necessario, i componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuno alla riservatezza.
Articolo 15
Nel caso di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto professionale,lo psicologo può condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione.
Articolo 16
Lo psicologo redige le comunicazioni scientifiche, ancorché indirizzate ad un pubblico diprofessionisti tenuti al segreto professionale, in modo da salvaguardare in ogni caso l’anonimato del destinatario della prestazione.
Articolo 17
La segretezza delle comunicazioni deve essere protetta anche attraverso la custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale. Tale documentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme specifiche. Lo psicologo deve provvedere perché, in caso di sua morte o di suo impedimento, tale protezione sia affidata ad un collega ovvero all’Ordine professionale. Lo psicologo che collabora alla costituzione ed all’uso di sistemi di documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela dei soggetti interessati.
Articolo 18
In ogni contesto professionale lo psicologo deve adoperarsi affinché sia il più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte del paziente, del professionista cui rivolgersi.
Articolo 19
Lo psicologo che presta la sua opera professionale in contesti di selezione e valutazione è tenuto a rispettare esclusivamente i criteri della specifica competenza, qualificazione o preparazione, e non avalla decisioni contrarie a tali principi.
Articolo 20
Nella sua attività di docenza, di didattica e di formazione lo psicologo stimola negli studenti, allievi e tirocinanti l’interesse per i principi deontologici, anche ispirando ad essi la propria condotta professionale.
Articolo 21
Lo psicologo, a salvaguardia dell’utenza e della professione, è tenuto a non insegnare l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo, a soggetti estranei alla professione stessa, anche qualora insegni a tali soggetti discipline psicologiche. È fatto salvo l’insegnamento agli studenti del corso di laurea in psicologia, ai tirocinanti, ed agli specializzandi in materie psicologiche.
Capo II - Rapporti con l’utenza e con la committenza
Articolo 22
Lo psicologo adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente,e non utilizza il proprio ruolo ed i propri strumenti professionali per assicurare a sè o ad altri indebiti vantaggi.
Articolo 23
Lo psicologo pattuisce nella fase iniziale del rapporto quanto attiene al compenso professionale. In ambito clinico tale compenso non può essere condizionato all’esito o ai risultati dell’intervento professionale; in tutti gli ambiti lo psicologo è tenuto al rispetto delle tariffe ordinistiche, minime e massime.
Articolo 24
Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all’individuo,al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti,informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato. Se la prestazione professionale ha carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile durata.
Articolo 25
Lo psicologo non usa impropriamente gli strumenti di diagnosi e di valutazione di cui dispone. Nel caso di interventi commissionati da terzi, informa i soggetti circa la natura del suo intervento professionale, e non utilizza, se non nei limiti del mandato ricevuto, le notizie apprese che possano recare ad essi pregiudizio. Nella comunicazione dei risultati dei propri interventi diagnostici e valutativi, lo psicologo è tenuto a regolare tale comunicazione anche in relazione alla tutela psicologica dei soggetti.
Articolo 26
Lo psicologo si astiene dall’intraprendere o dal proseguire qualsiasi attività professionale ove propri problemi o conflitti personali, interferendo con l’efficacia delle sue prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle persone cui sono rivolte. Lo psicologo evita, inoltre, di assumere ruoli professionali e di compiere interventi nei confronti dell’utenza, anche su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, qualora la natura di precedenti rapporti possa comprometterne la credibilità e l’efficacia.
Articolo 27
Lo psicologo valuta ed eventualmente propone l’interruzione del rapporto terapeutico quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura stessa. Se richiesto, fornisce al paziente le informazioni necessarie a ricercare altri e più adatti interventi.
Articolo 28
Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione. Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale. Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale,possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito. Lo psicologo non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale.
Articolo 29
Lo psicologo può subordinare il proprio intervento alla condizione che il paziente si serva di determinati presidi, istituti o luoghi di cura soltanto per fondati motivi di natura scientifico- professionale.
Articolo 30
Nell’esercizio della sua professione allo psicologo è vietata qualsiasi forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali.
Articolo 31
Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente,subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.
Articolo 32
Quando lo psicologo acconsente a fornire una prestazione professionale su richiesta di un committente diverso dal destinatario della prestazione stessa, è tenuto a chiarire con le parti in causa la natura e le finalità dell’intervento.
Capo III - Rapporti con i colleghi
Articolo 33
I rapporti fra gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza. Lo psicologo appoggia e sostiene i Colleghi che, nell’ambito della propria attività, quale che sia la natura del loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessa la loro autonomia ed il rispetto delle norme deontologiche.
Articolo 34
Lo psicologo si impegna a contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche e a comunicare i progressi delle sue conoscenze e delle sue tecniche alla comunità professionale, anche al fine di favorirne la diffusione per scopi di benessere umano e sociale.
Articolo 35
Nel presentare i risultati delle proprie ricerche, lo psicologo è tenuto ad indicare la fonte degli altrui contributi.
Articolo 36
Lo psicologo si astiene dal dare pubblicamente su colleghi giudizi negativi relativi alla loro formazione, alla loro competenza ed ai risultati conseguiti a seguito di interventi professionali, o comunque giudizi lesivi del loro decoro e della loro reputazione professionale. Costituisce aggravante il fatto che tali giudizi negativi siano volti a sottrarre pazientela ai colleghi. Qualora ravvisi casi di scorretta condotta professionale che possano tradursi in danno per gli utenti o per il decoro della professione, lo psicologo è tenuto a darne tempestiva comunicazione al Consiglio dell’Ordine competente.
Articolo 37
Lo psicologo accetta il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle proprie competenze. Qualora l’interesse del committente e/o del destinatario della prestazione richieda il ricorso ad altre specifiche competenze, lo psicologo propone la consulenza ovvero l’invio ad altro collega o ad altro professionista.
Articolo 38
Nell’esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresenta pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, lo psicologo è tenuto ad uniformare la propria condotta ai principi del decoro e della dignità professionale.
Capo IV - Rapporti con la società
Articolo 39
Lo psicologo presenta in modo corretto ed accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconosce quale suo dovere quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte.
Articolo 40
Indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità,lo psicologo non assume pubblicamente comportamenti scorretti finalizzati al procacciamento della pazientela. In ogni caso, la pubblicità e l’informazione concernenti l’attività professionale devono essere ispirate a criteri di decoro professionale, di serietà scientifica e di tutela dell’immagine della professione.
Capo V - Norme di attuazione
Articolo 41
È istituito presso la “Commissione Deontologia” dell’Ordine degli psicologi l’“Osservatorio permanente sul Codice Deontologico”, regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale dell’Ordine, con il compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli regionali e provinciali dell’Ordine e ogni altro materiale utile a formulare eventuali proposte della Commissione al Consiglio Nazionale dell’Ordine, anche ai fini della revisione periodica del Codice Deontologico. Tale revisione si atterrà alle modalità previste dalla Legge 18 febbraio 1989, n. 56.
Articolo 42
Il presente Codice deontologico entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati del referendum di approvazione, ai sensi dell’art. 28,comma 6, lettera c) della Legge 18 febbraio 1989, n. 56.
Capo I - Principi generali
Articolo 1
Le regole del presente Codice deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti all’Albo degli psicologi. Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza, e l’ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare.
Articolo 2
L’inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono punite secondo quanto previsto dall’art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo le procedure stabilite dal Regolamento disciplinare.
Articolo 3
Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace. Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che,nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali,organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale. Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze.
Articolo 4
Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnìa,nazionalità, estrazione sociale, stato socio- economico, sesso di appartenenza,orientamento sessuale, disabilità. Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi. Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui lo psicologo opera, quest’ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto. In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell’intervento stesso.
Articolo 5
Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione professionale e ad aggiornarsi nella propria disciplina specificatamente nel settore in cui opera. Riconosce i limiti della propria competenza ed usa, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti ed i riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del paziente e/o utente, aspettative infondate.
Articolo 6
Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza ditali condizioni, informa il proprio Ordine. Lo psicologo salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò responsabile della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni ed interpretazioni che ne ricava. Nella collaborazione con professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze.
Articolo 7
Nelle proprie attività professionali, nelle attività di ricerca e nelle comunicazioni dei risultati delle stesse, nonché nelle attività didattiche, lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità e di attendibilità d informazioni, dati e fonti su cui basa le conclusioni raggiunte; espone,all’occorrenza, le ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati. Lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile.
Articolo 8
Lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnala al Consiglio dell’Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza. Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive.
Articolo 9
Nella sua attività di ricerca lo psicologo è tenuto ad informare adeguatamente i soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo consenso informato, anche relativamente al nome, allo status scientifico e professionale del ricercatore ed alla sua eventuale istituzione di appartenenza. Egli deve altresì garantire a tali soggetti la piena libertà di concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso. Nell’ ipotesi in cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente e correttamente i soggetti su taluni aspetti della ricerca stessa, lo psicologo ha l’obbligo di fornire comunque, alla fine della prova ovvero della raccolta dei dati, le informazioni dovute e di ottenere l’autorizzazione all’uso dei dati raccolti. Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela, e, altresì, dai soggetti stessi, ove siano in grado di comprendere la natura della collaborazione richiesta. Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla riservatezza, alla non riconoscibilità ed all’anonimato.
Articolo 10
Quando le attività professionali hanno ad oggetto il comportamento degli animali, lo psicologo si impegna a rispettarne la natura ed a evitare loro sofferenze.
Articolo 11
Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie,fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.
Articolo 12
Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale. Lo psicologo può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l’opportunità di fare uso ditale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.
Articolo 13
Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale,ai fini della tutela psicologica del soggetto. Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli perla vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.
Articolo 14
Lo psicologo, nel caso di intervento su o attraverso gruppi, è tenuto ad in informare,nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento. È tenuto altresì ad impegnare, quando necessario, i componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuno alla riservatezza.
Articolo 15
Nel caso di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto professionale,lo psicologo può condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione.
Articolo 16
Lo psicologo redige le comunicazioni scientifiche, ancorché indirizzate ad un pubblico diprofessionisti tenuti al segreto professionale, in modo da salvaguardare in ogni caso l’anonimato del destinatario della prestazione.
Articolo 17
La segretezza delle comunicazioni deve essere protetta anche attraverso la custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale. Tale documentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme specifiche. Lo psicologo deve provvedere perché, in caso di sua morte o di suo impedimento, tale protezione sia affidata ad un collega ovvero all’Ordine professionale. Lo psicologo che collabora alla costituzione ed all’uso di sistemi di documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela dei soggetti interessati.
Articolo 18
In ogni contesto professionale lo psicologo deve adoperarsi affinché sia il più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte del paziente, del professionista cui rivolgersi.
Articolo 19
Lo psicologo che presta la sua opera professionale in contesti di selezione e valutazione è tenuto a rispettare esclusivamente i criteri della specifica competenza, qualificazione o preparazione, e non avalla decisioni contrarie a tali principi.
Articolo 20
Nella sua attività di docenza, di didattica e di formazione lo psicologo stimola negli studenti, allievi e tirocinanti l’interesse per i principi deontologici, anche ispirando ad essi la propria condotta professionale.
Articolo 21
Lo psicologo, a salvaguardia dell’utenza e della professione, è tenuto a non insegnare l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo, a soggetti estranei alla professione stessa, anche qualora insegni a tali soggetti discipline psicologiche. È fatto salvo l’insegnamento agli studenti del corso di laurea in psicologia, ai tirocinanti, ed agli specializzandi in materie psicologiche.
Capo II - Rapporti con l’utenza e con la committenza
Articolo 22
Lo psicologo adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente,e non utilizza il proprio ruolo ed i propri strumenti professionali per assicurare a sè o ad altri indebiti vantaggi.
Articolo 23
Lo psicologo pattuisce nella fase iniziale del rapporto quanto attiene al compenso professionale. In ambito clinico tale compenso non può essere condizionato all’esito o ai risultati dell’intervento professionale; in tutti gli ambiti lo psicologo è tenuto al rispetto delle tariffe ordinistiche, minime e massime.
Articolo 24
Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all’individuo,al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti,informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato. Se la prestazione professionale ha carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile durata.
Articolo 25
Lo psicologo non usa impropriamente gli strumenti di diagnosi e di valutazione di cui dispone. Nel caso di interventi commissionati da terzi, informa i soggetti circa la natura del suo intervento professionale, e non utilizza, se non nei limiti del mandato ricevuto, le notizie apprese che possano recare ad essi pregiudizio. Nella comunicazione dei risultati dei propri interventi diagnostici e valutativi, lo psicologo è tenuto a regolare tale comunicazione anche in relazione alla tutela psicologica dei soggetti.
Articolo 26
Lo psicologo si astiene dall’intraprendere o dal proseguire qualsiasi attività professionale ove propri problemi o conflitti personali, interferendo con l’efficacia delle sue prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle persone cui sono rivolte. Lo psicologo evita, inoltre, di assumere ruoli professionali e di compiere interventi nei confronti dell’utenza, anche su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, qualora la natura di precedenti rapporti possa comprometterne la credibilità e l’efficacia.
Articolo 27
Lo psicologo valuta ed eventualmente propone l’interruzione del rapporto terapeutico quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura stessa. Se richiesto, fornisce al paziente le informazioni necessarie a ricercare altri e più adatti interventi.
Articolo 28
Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione. Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale. Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale,possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito. Lo psicologo non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale.
Articolo 29
Lo psicologo può subordinare il proprio intervento alla condizione che il paziente si serva di determinati presidi, istituti o luoghi di cura soltanto per fondati motivi di natura scientifico- professionale.
Articolo 30
Nell’esercizio della sua professione allo psicologo è vietata qualsiasi forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali.
Articolo 31
Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente,subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.
Articolo 32
Quando lo psicologo acconsente a fornire una prestazione professionale su richiesta di un committente diverso dal destinatario della prestazione stessa, è tenuto a chiarire con le parti in causa la natura e le finalità dell’intervento.
Capo III - Rapporti con i colleghi
Articolo 33
I rapporti fra gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza. Lo psicologo appoggia e sostiene i Colleghi che, nell’ambito della propria attività, quale che sia la natura del loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessa la loro autonomia ed il rispetto delle norme deontologiche.
Articolo 34
Lo psicologo si impegna a contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche e a comunicare i progressi delle sue conoscenze e delle sue tecniche alla comunità professionale, anche al fine di favorirne la diffusione per scopi di benessere umano e sociale.
Articolo 35
Nel presentare i risultati delle proprie ricerche, lo psicologo è tenuto ad indicare la fonte degli altrui contributi.
Articolo 36
Lo psicologo si astiene dal dare pubblicamente su colleghi giudizi negativi relativi alla loro formazione, alla loro competenza ed ai risultati conseguiti a seguito di interventi professionali, o comunque giudizi lesivi del loro decoro e della loro reputazione professionale. Costituisce aggravante il fatto che tali giudizi negativi siano volti a sottrarre pazientela ai colleghi. Qualora ravvisi casi di scorretta condotta professionale che possano tradursi in danno per gli utenti o per il decoro della professione, lo psicologo è tenuto a darne tempestiva comunicazione al Consiglio dell’Ordine competente.
Articolo 37
Lo psicologo accetta il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle proprie competenze. Qualora l’interesse del committente e/o del destinatario della prestazione richieda il ricorso ad altre specifiche competenze, lo psicologo propone la consulenza ovvero l’invio ad altro collega o ad altro professionista.
Articolo 38
Nell’esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresenta pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, lo psicologo è tenuto ad uniformare la propria condotta ai principi del decoro e della dignità professionale.
Capo IV - Rapporti con la società
Articolo 39
Lo psicologo presenta in modo corretto ed accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconosce quale suo dovere quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte.
Articolo 40
Indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità,lo psicologo non assume pubblicamente comportamenti scorretti finalizzati al procacciamento della pazientela. In ogni caso, la pubblicità e l’informazione concernenti l’attività professionale devono essere ispirate a criteri di decoro professionale, di serietà scientifica e di tutela dell’immagine della professione.
Capo V - Norme di attuazione
Articolo 41
È istituito presso la “Commissione Deontologia” dell’Ordine degli psicologi l’“Osservatorio permanente sul Codice Deontologico”, regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale dell’Ordine, con il compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli regionali e provinciali dell’Ordine e ogni altro materiale utile a formulare eventuali proposte della Commissione al Consiglio Nazionale dell’Ordine, anche ai fini della revisione periodica del Codice Deontologico. Tale revisione si atterrà alle modalità previste dalla Legge 18 febbraio 1989, n. 56.
Articolo 42
Il presente Codice deontologico entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati del referendum di approvazione, ai sensi dell’art. 28,comma 6, lettera c) della Legge 18 febbraio 1989, n. 56.
Codice di Condotta relativo all'utilizzo di tecnologie per la comunicazione:
Art. 1 Limiti nell’uso di tecnologie elettroniche per la comunicazione a distanza
- L'uso di tecnologie elettroniche per la comunicazione a distanza è consentito agli psicologi limitatamente allo svolgimento di attività di informazione scientifica e professionale, di attività di formazione e di psico-educazione e di attività di raccolta dati a fini di ricerca.
- Il processo di valutazione diagnostica ed attitudinale, relativo all’area della psicologia del lavoro e dello sport, sia basato sulla semplice osservazione, sia basato sull'uso di materiali psicodiagnostici e psicometrici, può essere occasionalmente condotto, con l’ausilio delle dette tecnologie per la comunicazione a distanza e con particolare attenzione alla tutela dei dati così acquisiti. Tali interventi saranno limitati alle successive fasi di sviluppo del rapporto professionale e, quindi, ai clienti e ai committenti con i quali gli psicologi abbiano di persona preventivamente stabilito rapporti diretti, non mediati quindi dalle tecnologie sopra menzionate.
- In ogni caso, ed in particolare con l’utilizzo di internet, è vietato:
- Svolgere attività di diagnosi, per la quale l’incontro di persona con il paziente è sempre condizione imprescindibile;
- Fornire indicazioni su trattamenti da effettuare;
- esprimere giudizi sull’appropriatezza degli interventi e/o delle diagnosi effettuati da colleghi;
- manifestare qualsiasi tipo di commento, suggerimento o valutazione in relazione a casi specifici.
-
Le attività di abilitazione-riabilitazione e sostegno di cui all'art. 1 L. 18.2.1989 n.56, le attività a ciò affini indicate dalla L. n. 170 del 2003, riguardante le competenze degli iscritti alla sezione B dell’Albo e le attività di psicoterapia di cui all’art. 3 L. 56/89, non possono essere svolte con la mediazione di tecnologie elettroniche per la comunicazione a distanza, salvo nei casi in cui ciò sia necessario per l’impossibilità di mantenere di persona il contatto con i clienti/pazienti. In tal caso ciò è consentito alle seguenti condizioni:
- il rapporto con il paziente sia già stato stabilito in precedenza di persona e senza l’utilizzo delle tecnologie sopra menzionate;
- per fasi chiaramente determinate e circoscritte nel tempo;
- senza corresponsione di compenso, poiché il rapporto mediato dalle tecnologie per la comunicazione a distanza, non può configurarsi come una delle attività indicate nella prima parte di questo comma.
- tutti i casi previsti dall’art. 1 gli psicologi sono tenuti ad acquisire dai clienti e dai committenti il consenso informato per l'uso di tecnologie elettroniche per la comunicazione a distanza.
- Le regole sulla custodia dei dati e delle informazioni si applicano anche per i servizi a distanza qualunque tipologia di supporto o tecnologia sia utilizzata.
- In tutti i casi, indicati nell'art. 1, nei quali gli psicologi si servano di tecnologie elettroniche per la comunicazione a distanza per le proprie attività scientifiche e professionali, sarà loro cura e ricadrà sotto la loro responsabilità l'utilizzo di sistemi hardware e/o software adeguati e aggiornati per la protezione delle comunicazioni e delle operazioni finanziarie connesse a tali attività.
- È fatto obbligo agli psicologi di fornire ai clienti e ai committenti, quando non sia possibile l'identificazione diretta, la certificazione della propria identità con l’uso di sistemi legalmente riconosciuti, come ad esempio la firma digitale. Và, altresì, comunicato il numero di iscrizione all’Ordine degli Psicologi del Lazio.
- Gli psicologi possono farsi ospitare, a qualsiasi titolo, esclusivamente su siti web nei quali risulti facilmente identificabile il nome e il recapito del responsabile del sito.
- Nei siti in cui, da parte di iscritti all’Ordine Regionale, siano offerti servizi inerenti la psicologia e/o siano pubblicati messaggi promozionali delle singole attività professionali in ambito psicologico, devono essere facilmente rintracciabili il Codice Deontologico degli Psicologi italiani e il presente Codice di Condotta dell’Ordine degli Psicologi del Lazio.
- Gli psicologi che per le loro attività scientifiche e professionali utilizzino le dette tecnologie, hanno la responsabilità diretta dell’accertamento, con l’utilizzo dei medesimi sistemi, dell’identità dei clienti e dei committenti, con particolare riferimento all’età anagrafica, al genere e al titolo di studio. In tale fase è opportuna la specificazione dell’importanza di una corretta risposta. Non sono consentiti, in nessun caso, gli accessi anonimi a servizi professionali. Una particolare attenzione deve essere prestata all'autenticità del consenso e alla identificazione di coloro i quali richiedono l’accesso al servizio nella qualità di esercenti la potestà genitoriale o la tutela.
- L'inosservanza delle disposizioni contenute nel presente Codice di Condotta sarà valutata ai sensi:
- del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani ed in particolare delle norme riportate negli artt. 5 (comma 1), 17 (comma 1) e 24 (comma 1);
- del Codice sulla Privacy, in vigore dal 1 gennaio 2004;
- della normativa dettata per la regolamentazione della pubblicità in ambito sanitario.
- Qualora l'inosservanza disposta dal I comma sia rilevante ai sensi dell’art. 10 D.L. 9 aprile 2003 n. 70 (Attuazione della Direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettrico, nel mercato interno), l’Ordine Regionale provvederà a darne segnalazione all'Autorità amministrativa competente, indicata nell'art. 21 dell’indicato D.L. .
- Per tutto quanto non espressamente regolamentato dal presente articolato, gli psicologi sono tenuti al rispetto dell’Atto di Indirizzo in materia di utilizzo delle tecnologie per la comunicazione a distanza, adottato dal Consiglio Nazionale degli Psicologi e che con il presente atto viene recepito, ad esclusione delle norme in contrasto con le disposizioni di questo Codice di Condotta.
- Lo psicologo singolo o associato, iscritto all’Albo degli Psicologi del Lazio, che intenda apparire e/o operare in un sito internet che eroga servizi è tenuto a richiedere, preventivamente, un parere al proprio Ordine Regionale. Nella richiesta dovranno essere indicati:
- indirizzo web del detto sito;
- nome, cognome ed eventuale titolo professionale del responsabile;
- sistemi hardware e/o software di protezione delle comunicazioni, utilizzati dal sito stesso;
- natura dei servizi offerti e delle modalità operative di erogazione.
- Nel caso di siti multidisciplinari deve essere indicato, nella richiesta di parere prevista dal I comma, lo psicologo referente all’Ordine Regionale.
- L'Ordine Regionale fornirà un parere di conformità al Codice Deontologico, al Codice di Condotta e alla normativa sulla pubblicità. Il rilascio del detto parere potrà essere subordinato alla richiesta, da parte dell’Ordine, e alla fornitura da parte del gestore del sito, delle informazioni relative all’avvenuto adeguamento, da parte di quest'ultimo, ai principi e alle disposizioni contenute nel presente Codice di Condotta.
- Lo psicologo che ottiene il parere di conformità dall’Ordine Regionale dovrà attenersi alle disposizioni del presente Codice di Condotta, pena la revoca del parere stesso. In ogni caso la richiesta di parere dovrà essere reiterata all’inizio di ogni anno solare. La prima scadenza per il rinnovo del parere di conformità dovrà essere presentata all’inizio del 2006.
- In caso di parere favorevole di conformità da parte dell’Ordine Regionale, nel sito ne dovrà essere data chiara e visibile comunicazione, con indicazione del numero di protocollo e data della pratica.
- Nel caso in cui, dopo il rilascio del parere favorevole di conformità, intervengano modifiche sostanziali nell’attività del sito, lo psicologo interessato dovrà richiedere all’Ordine Regionale il rilascio di un nuovo parere.
- L'Ordine degli Psicologi del Lazio istituirà un Osservatorio permanente dei servizi psicologi offerti, via internet, da parte dei propri iscritti e terrà un registro aggiornato dei siti in cui gli stessi iscritti offrono i detti servizi psicologici.
- L'Osservatorio permanente richiederà suggerimenti, commenti e segnalazioni agli psicologi che offrono servizi sul web e offrirà agli stessi un supporto di consulenza.
- Il presente Codice sarà pubblicato sul primo utile Notiziario dell'Ordine degli psicologi del Lazio, oltre che sul sito internet dello stesso Ordine ed entrerà in vigore a partire dal 1° luglio 2004.
- Entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente Codice, tutti gli psicologi, iscritti all’Ordine Regionale, singoli o associati, che, a qualsiasi titolo, operino già in internet o, comunque, utilizzino mezzi di comunicazione a distanza, dovranno richiedere all’Ordine Regionale stesso il parere di conformità previsto dall’art. 6.
La bozza iniziale poi discussa, modificata e approvata dal Consiglio degli Psicologi del Lazio è stata redatta dal Gruppo di lavoro dell’Ordine 'Psicologia on-line' composto da Guido Crocetti (referente), Giorgio Cavallero, Antonio Cucino, Paolo Renza, Pietro Stampa, con la collaborazione di Federica Mazzeo. Il prodotto finale è esclusiva responsabilità del Consiglio dell’Ordine.
Linee guida per le prestazioni psicologi che via Internet e a distanza:
PRINCIPI GENERALI
1. SICUREZZA
- I principi etici e le regole di deontologia professionale dello psicologo si applicano anche nei casi in cui le prestazioni, o parti di esse, vengono effettuate a distanza, via Internet o con qualunque altro mezzo. L’utilizzo di tali mediazioni per la pratica professionale richiede particolare attenzione e cautela da parte dello psicologo, soprattutto laddove esse sono non usuali, innovative o sperimentali e comunque in carenza di conoscenze sulle implicazioni secondarie del loro utilizzo sia sul piano della teoria e della tecnica professionale, che sul piano relazionale.
- La conoscenza del Codice Deontologico è indispensabile per una attenta riflessione sullo sviluppo dell’intervento professionale dello psicologo, soprattutto nei casi di utilizzo di mezzi di comunicazione nuovi per tale ambito e nei casi di limitata esperienza professionale.
- Ogni nuovo o innovativo mezzo di comunicazione utilizzato nell’esercizio della professione di psicologo necessita dell’identificazione del profilo delle sue specifiche caratteristiche e quindi delle sfide professionali che pone sul piano dell’appropriatezza epistemologica, teorica, tecnica e deontologica.
- Al momento attuale, in base alla deliberazione n. 19 del 23 marzo 2002 del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi Italiani, le pratiche di attività psicodiagnostica e psicoterapeutica effettuate via Internet potrebbero risultare non conformi ai principi espressi negli artt. 6, 7 e 11 del vigente Codice Deontologico degli Psicologi Italiani, ed in tal caso sarebbero sanzionabili.
1. SICUREZZA
- Identità degli psicologi
- Gli psicologi devono essere riconoscibili in modo da poterne verificare l’identità e il domicilio.
- Gli psicologi associati che sviluppano siti Web devono facilitarne l'identificazione come siti appartenenti a psicologi iscritti all’Ordine professionale.
- Lo psicologo singolo o associato che offre prestazioni via internet è tenuto a segnalare al proprio ordine professionale di appartenenza l’indirizzo web del sito presso il quale eroga tali prestazioni.
- Gli psicologi sono tenuti a specificare la loro iscrizione all’Ordine professionale. Se specificano anche l’appartenenza ad associazioni scientifiche devono rendere identificabili e contattabili tali associazioni e reperibili i relativi statuti .
- Dove un servizio è fornito da più psicologi, questo deve essere chiaramente specificato. In ogni caso deve essere identificabile l’autore della prestazione.
- Se i professionisti coinvolti afferiscono a professionalità diverse queste devono essere chiaramente identificabili. Nel sito web in cui vengono offerte prestazioni psicologiche devono essere fornite informazioni relative alle norme professionali e al codice deontologico vigenti, ed alle modalità di consultazioni dei medesimi.
- Identificazione degli utilizzatori
- Di norma va richiesta l’identificazione dell'utente.
- Anche nei casi in cui una data prestazione preveda in generale la possibilità di garantire l'anonimato dell' utente, lo psicologo deve sempre valutarne la compatibilità caso per caso. La garanzia dell’anonimato dovrà comportare sempre, da parte dello psicologo, l’adozione di precauzioni supplementari, in relazione anche alla possibilità che gli utilizzatori possano necessitare di specifiche tutele o avere uno specifico stato giuridico (per esempio un minore).
- Gli psicologi che garantiscono l’accesso anonimo a prestazioni professionali devono specificare chiaramente quali prestazioni sono compatibili con l’anonimato e quali non lo sono.
- Le prestazioni professionali che garantiscono l’anonimato sono allo stesso modo soggette alle regole sul consenso informato ancorché acquisibile solo con un identificativo del paziente.
- Le prestazioni professionali a distanza rivolte a minori o a clienti soggetti a tutela necessitano di particolar attenzione e maggiori misure di sicurezza. Va prestata particolare attenzione alla autenticità del consenso da parte di coloro che esercitano la potestà genitoriale o la tutela.
- Protezione della transazione
- Gli psicologi devono accertarsi della sicurezza delle transazioni, comprese le operazioni finanziarie, e della riservatezza delle informazioni psicologiche e personali, anche attraverso l’utilizzo di tecnologie finalizzate.
- Va comunque ricercata la massima sicurezza sul sito Internet, sulla linea telefonica o su altri mezzi elettronici utilizzati, attraverso idonea strumentazione (hardware e software) e compreso l' uso dei servizi cifrati.
- I livelli di sicurezza devono essere sempre aggiornati.
- Riconoscimento dei limiti
- Gli psicologi devono assicurarsi che gli utenti siano informati sulla legislazione relativa alla protezione di dati su qualsiasi tipo di supporto siano registrati, alla comunicazione delle informazioni e sui limiti alla riservatezza, per esempio nei casi in cui ricorre obbligo di referto o di denuncia.
- Gli utenti vanno informati circa i dati custoditi e i loro diritti su di essi.
- Conservazione dei dati
- Le regole sulla custodia dei dati e delle informazioni si applicano anche per le prestazioni a distanza per qualsivoglia tipologia di supporto o tecnologia venga utilizzata.
- Gli psicologi devono tenere conto della possibilità che l’interazione attraverso mezzi telematici può comportare la registrazione e la memorizzazione delle informazioni anche da parte dell’utente.
- Gli psicologi che offrono prestazioni a distanza devono tenere conto che il servizio è utilizzabile anche al di fuori dei confini nazionali e che gli utenti possono afferire a nazionalità, etnie, religioni, costumi e riferimenti normativi disomogenei rispetto a quelli del professionista, nonché del fatto che regolamentazioni diverse (o assenti) della professione di psicologo in altre nazioni possono indurre aspettative inadeguate, incongrue o errate da parte dell’utilizzatore.
- La ricerca di base
- In considerazione del rapido sviluppo dei sistemi di comunicazione e delle ricadute di questi sulla pratica professionale a distanza, gli psicologi devono utilizzare con cautela soprattutto quelli ancora mancanti di una base di ricerca consolidata.
- È un dovere professionale dello psicologo che opera a distanza di informarsi sulle caratteristiche e sui limiti dei mezzi utilizzati e di tenere conto della ancora ridotta disponibilità di informazioni sulle differenze con l’interazione diretta.
- Lo psicologo tiene conto dei limiti della propria competenza sugli strumenti e sulla tecnologia che utilizza e, conseguentemente, attiva servizi ed intraprende solo attività compatibili con tali limiti.
- È opportuno che ciascun Ordine territoriale tenga un registro aggiornato dei siti in cui gli iscritti offrono prestazioni psicologiche.
- È opportuno che ciascun Ordine territoriale istituisca un gruppo di studio allo scopo di monitorare le attività psicologiche svolte, via internet e a distanza, nel proprio territorio di competenza. Tratto dal sito dell'Ordine Nazionale degli Psicologi